Dolore - Van Gogh 1882 |
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https://youtu.be/DTgSpb_p0Ig
Ecco il testo in lingua originale del brano citato dall'Ulysses in questo video:
—Do you remember the first day I went to your house after my mother’s death?La lettura del brano originale è ad opera di Frank Delaney e tratta dal podcast ReJoyce:
Buck Mulligan frowned quickly and said:
—What? Where? I can’t remember anything. I remember only ideas and sensations. Why? What happened in the name of God?
—You were making tea, Stephen said, and I went across the landing to get more hot water. Your mother and some visitor came out of the drawingroom. She asked you who was in your room.
—Yes? Buck Mulligan said. What did I say? I forget.
—You said, Stephen answered, O, it’s only Dedalus whose mother is beastly dead.
A flush which made him seem younger and more engaging rose to Buck Mulligan’s cheek.
—Did I say that? he asked. Well? What harm is that?
He shook his constraint from him nervously.
—And what is death, he asked, your mother’s or yours or my own? You saw only your mother die. I see them pop off every day in the Mater and Richmond and cut up into tripes in the dissecting room. It’s a beastly thing and nothing else. It simply doesn’t matter. You wouldn’t kneel down to pray for your mother on her deathbed when she asked you. Why? Because you have the cursed Jesuit strain in you, only it’s injected the wrong way. To me it’s all a mockery and beastly. Her cerebral lobes are not functioning. She calls the doctor Sir Peter Teazle and picks buttercups off the quilt. Humour her till it’s over. You crossed her last wish in death and yet you sulk with me because I don’t whinge like some hired mute from Lalouette’s. Absurd! I suppose I did say it. I didn’t mean to offend the memory of your mother.
He had spoken himself into boldness. Stephen, shielding the gaping wounds which the words had left in his heart, said very coldly:
—I am not thinking of the offence to my mother.
—Of what, then? Buck Mulligan asked.
—Of the offence to me, Stephen answered.
(James Joyce 1922)
https://blog.frankdelaney.com/re-joyce/
Ecco i testi delle traduzioni in italiano dall'Ulisse lette e citate in questo video:
– Ti ricordi il primo giorno che sono venuto a casa tua dopo la morte di mia madre?
Di colpo Buck Mulligan si accigliò e disse:
– Che cosa? Dove? Non mi ricordo di niente. Ricordo soltanto idee e sensazioni. Perché? Che cosa è successo in nome di Dio?
– Stavi facendo il tè, disse Stephen, ed attraversasti il pianerottolo per prendere un altro po’ di acqua calda. Tua madre uscì dal salottino con qualcuno ch’era venuto a trovarla. Ti domandò chi c’era in camera tua.
– E allora? disse Buck Mulligan. Che cosa ho detto? Non me ne ricordo.
– Hai detto, rispose Stephen, Oh, è soltanto Dedalus a cui è morta bestialmente la madre.
Un rossore che lo fece apparire più giovane e attraente salì alla guancia di Buck Mulligan.
– Ho detto così? domandò. Be’? che male c’è?
Si scrollò nervosamente di dosso il proprio impaccio.
– Che cos’è mai la morte, domandò, quella di tua madre o la tua o la mia? Tu non hai visto morire che tua madre. Io li vedo crepare ogni giorno al Mater o al Richmond e tagliati a lasagne in sala anatomica. È una cosa bestiale, e nient’altro. Non ha importanza, ecco tutto. Tu non hai voluto inginocchiarti a pregare per tua madre sul letto di morte quando lei te l’ha chiesto. Perché? Perché c’è in te quella maledetta vena di gesuita, solo che è iniettata a rovescio. Per me non è che una canzonatura, e bestiale. I suoi lobi cerebrali hanno smesso di funzionare. Lei chiama il dottore sir Peter Teazle e coglie ranuncoli dall’imbottita. Assecondala finché dura. Tu hai contrariato la sua ultima volontà in punto di morte e adesso mi tieni il broncio perché non metto su una mutria da piagnone presa a nolo da Lalouette. È un’assurdità. Magari l’ho anche detto. Non volevo offendere la memoria di tua madre.
Via via che parlava si era imbaldanzito. Stephen, facendo schermo alle ferite aperte nel suo cuore da quelle parole, disse molto freddamente:
– Non mi preoccupo dell’offesa fatta a mia madre.
– Di che cosa allora? domandò Buck Mulligan.
– Dell’offesa fatta a me, rispose Stephen.
(Giulio De Angelis, 1960, Mondadori)
– Ti ricordi il primo giorno che sono venuto a casa tua dopo la morte di mia madre?
Buck Mulligan si accigliò all’istante, e poi disse:
– Che? Dove? Non ricordo niente. Ricordo solo idee e sensazioni. Perché? Che è successo, in nome di Dio?
– Stavi preparando il tè, disse Stephen, e io ho attraversato il pianerottolo alla fine della scala per prendere altra acqua bollente. Sono usciti dal salone tua madre e un qualche ospite. Lei ti ha chiesto chi c’era con te nella stanza.
– E poi? disse Buck Mulligan. Io che ho detto? L’ho dimenticato.
– Hai detto, rispose Stephen, Oh, è solo Dedalus, quello a cui la madre è morta come una bestia.
Un rossore che lo rese più giovane e amabile risalì le guance di Buck Mulligan.
– Ho detto questo? chiese. Beh? Che male c’è?
Si liberò nervosamente da quel suo disagio.
– E cosa sarà mai la morte, domandò, quella di tua madre, la tua o la mia? Tu hai visto morire soltanto tua madre. Io me li vedo crepare tutti i giorni al Mater o al Richmond, e li faccio a pezzettini nella sala autoptica. È roba da bestie e niente più. Semplicemente, non fa nessuna differenza. Non ti sei voluto inginocchiare a pregare per tua madre in punto di morte, quando era lei a chiedertelo. Perché? Perché hai in te quella maledetta vena del gesuita, solo che è iniettata al contrario. Per me è tutto buffo e bestiale. I suoi lobi cerebrali non funzionano più. Chiama il dottore Sir Peter Teazle e raccoglie bottoni d’oro dalla coperta imbottita. Accontentala finché non è finita. Le hai negato l’ultimo desiderio prima di morire e poi te la prendi con me perché non sto qui a frignare come uno di quei piagnoni a ore di Lalouette. Assurdo! L’avrò pure detto. Non avevo intenzione di offendere la memoria di tua madre.
Parlando prese coraggio. Stephen, nel proteggere le ferite aperte che quelle parole avevano lasciato nel suo cuore, disse con estrema freddezza:
– Non parlo dell’offesa a mia madre.
– Di che cosa, allora? chiese Buck Mulligan.
– Dell’offesa a me, rispose Stephen.
(Enrico Terrinoni, 2012, Newton Compton)
– Ti ricordi il primo giorno che son venuto a casa tua, dopo la morte di mia madre?Ho citato alcuni versi del ventiseiesimo canto del purgatorio della Divina commedia di Dante Alighieri:
Buck Mulligan si accigliò di colpo e chiese:
– Cosa? Dove? Non mi ricordo niente. Mi ricordo solo idee e sensazioni. Ma perché? Per la madonna, ma cos’è successo?
– Tu stavi preparando il tè, disse Stephen, e io sono passato dal pianerottolo per prender dell’altra acqua calda. In quel momento tua madre è uscita dal salotto assieme a qualcuno ch’era venuto a trovarla, e ti ha chiesto chi c’era nella tua camera.
– Ebbe’? fece Buck Mulligan. Io cos’ho detto? Non mi ricordo.
– Hai detto, rispose Stephen, Niente, è Dedalus, quello della madre morta come un cane.
Un rossore invase le guance di Buck Mulligan, facendolo apparir piú giovane e attraente.
– Ho detto cosí? chiese. Be’? Cosa c’è di male?
Si scrollò di dosso l’impaccio con mosse nervose.
– E cos’è la morte, disse, di tua madre, tua o mia? Tu hai visto morire solo tua mamma. Io li vedo tirar gli ultimi tutti i giorni al Mater o al Richmond Hospital, e fatti a pezzi con le trippe al vento nella sala anatomica. Come bestie, pari pari. E tutto questo non ha nessuna importanza. Tu non hai voluto inginocchiarti e pregare quando tua madre te l’ha chiesto in punto di morte. Perché? Perché hai il maledetto bacillo del gesuita, solo che te l’hanno inoculato al contrario. Per me è tutta una farsa e una cosa da bestie. I lobi cerebrali della signora non funzionano? Lei chiama il dottore cavalier Peter Teazle, e raccoglie ranuncoli sulla coperta del letto? Bene, bisogna tirarla su d’umore finché non è finita! Tu hai contrariato tua madre nell’ultima sua volontà e ora mi fai il muso perché non sono contrito come un becchino delle pompe funebri Lalouette. Assurdo! Sí, magari l’ho detto. Ma non per offendere la memoria di tua madre.
Parlando Buck s’era imbaldanzito. Come facendosi scudo contro le piaghe al vivo che quelle parole avevano aperto nel suo cuore, Stephen disse molto freddamente:
– Non sto parlando di un’offesa a mia madre.
– E di cosa, allora? chiese Buck Mulligan.
– Sto parlando di un’offesa a me, rispose Stephen.
(Gianni Celati, 2013, Einaudi)
Nostro peccato fu ermafrodito;
ma perché non servammo umana legge,
seguendo come bestie l'appetito,
in obbrobrio di noi, per noi si legge,
quando partinci, il nome di colei
che s'imbestiò ne le 'mbestiate schegge.
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